ATTI DELL’EVENTO: “UNO SGUARDO AL FUTURO DEL RWANDA: CRESCERE DOPO IL TRAUMA 19 ANNI DOPO IL GENOCIDIO”
Sabato 19 ottobre 2013 – Sede CIFE Roma – Salita de’ Crescenzi, 26
Dott. Giuliano Grossi
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Transazionale Certificato (CTA), Terapeuta EMDR
Associazione “Lutto e Crescita – Grief & Growth”, Istituto di intervento, formazione e ricerca sul potere trasformativo della perdita e del trauma
È possibile crescere dopo un evento traumatico: scopriamo come
Nella situazione traumatica sono influenzati tre aspetti della persona:
- il Sé: minacciato, pieno di orrore, impotente;
- l’ Altro: diventa terrorizzante, pericoloso;
- il Mondo: viene percepito frantumato, malevolo, senza senso;
Questo mette in moto la necessità di ripensare assunzioni e credenze in modo da rendere ancora il mondo comprensibile e prevedibile.
Secondo Neimeyer (2006) l’evento traumatico rappresenta un’enorme discontinuità nella propria costruzione autobiografica: c’è un “prima” e un “dopo”.
Questa frattura rimette in discussione le proprie assunzioni con conseguenze negative o anche positive.
La rielaborazione narrativa richiede un’alta qualità di risposta sociale al proprio lutto/trauma: possibilità di ‘raccontare’ la rielaborazione degli schemi
Le “reazioni” che si possono riscontrare dopo un evento traumatico sono:
- Cronico: sofferenza acuta (angoscia, pena) dalla quale le persone non riescono ad uscire;
- Recupero (Guarigione): sofferenza meno intensa rispetto al lutto cronico e per un periodo più breve;
- Ritardato: disagio moderato seguito da un pronto recupero ma attorno alla fine del primo anno si evidenziano problemi di salute o in altri aspetti della vita (concentrazione, difficoltà a godere la vita);
- Resilienza: resistenza all’impatto dell’evento (che non vuol dire assenza di sofferenza) e mantenimento di buon adattamento e funzionalità generale nel tempo;
- Crescita postraumatica.
Il nostro cervello è in grado di trovare, sempre e rispetto a qualsiasi esperienza, una soluzione adattiva.
La Cescita Post Traumatica è definita come “la trasformazione positiva che le persone possono sperimentare nel loro affrontare il dolore e altre circostanze di vita altamente stressanti” (Tedeschi & Calhoun, 1996; 1999).
Le Dimensioni qualitative della Crescita Post Traumatica sono:
- cambiamenti nella percezione di sé;
- cambiamenti nella relazione con gli altri;
- cambiamenti nella propria filosofia di vita.
Le Dimensioni fattoriali della Crescita Post Traumatica sono:
- cambiamenti positivi nella relazione con gli altri (es: più intime) (Relating to others);
- nuova comprensione di se stessi come più forti e più capaci (Personal Strenght);
- maggior apprezzamento della vita (Appreciation of life);
- avventurarsi in nuovi aspetti della vita (New Possibilities);
- crescita nella dimensione spirituale o più in generale nell’ambito esistenziale (Spiritual Change).
Come avviene la trasformazione della Crescita Post Traumatica?
L’evento critico innesca una serie di adattamenti emotivi e cognitivi necessari per dare senso alla perdita.
Janoff-Bulman (2006) descrive il cambiamento degli schemi nel trauma e nella crescita post-traumatica: la propria “teoria del mondo” viene sfidata o distrutta nelle sue convinzioni fondamentali.
Si tratta della trasformazione del trauma in OPPORTUNITÀ!
Degli esempi sono l’attività di opere di artigianato portata avanti dalle “Donne di Butare” in Rwanda, sopravvissute al genocidio del 1994 che fanno parte della della Cooperativa Abatore; il successo sportivo della giovane Giusy Versace che ha perso entrambe le gambe in un grave incidente stradale.
Ma non sempre tale trasformazione avviene.
Se questo non succede, vuol dire che si è bloccato qualcosa in un meccanismo naturale. Aiutare il cervello a riattivare quel meccanismo bloccato significa permettere ad esso di ritrovare la sua naturale resilienza e di utilizzare l’esperienza traumatica in chiave funzionale-adattiva.
Si può fare qualcosa quando tutto ciò non avviene? Esiste qualcosa/qualcuno che mi può aiutare?
“Da soli si può andare in giro, in due si va sempre da qualche parte”. (da La donna che visse due volte)